domenica 20 aprile 2014

Prima che gli strumenti vengano integrati... serve tempo

piccolo libriccino, ma interessante;
Stefano Moriggi, Connessi. Beati quelli che sapranno pensare con le macchine

come al solito avevo dato un'occhiata veloce alle recensioni in giro; la prima trovata su Amazon mi sembrava un po' enfatica e troppo sperticata: solo alla fine ho riletto il nome dell'autore: Maragliano se lo può permettere, uno sbilanciamento del genere
Ok, il libro presenta solo un paio di idee in modo chiaro ed efficace. Stimolanti i richiami ad altre opere parallele e convergenti...
Stiamo tanto a parlare di nativi digitali, cambio di cultura e nuove prospettive, insieme al timore reverenziale che la cultura, quella "seria", quella dei libri di carta, per intenderci sia in pericoloso e definitivo declino, che quasi non ci rendiamo conto di essere ormai tranquillamente pervasi e impregnati di questa nuova cultura. E forse sarebbe il caso di esserne maggiormente consapevoli e ...grati.
Si parte dal fatto che una macchina per pensare, come sta diventando oggi il nostro uso di pc/tablet e simili, è proprio un uso tecnologico che da sempre ha contraddistinto l'uomo. E per fortuna. Ma tutte le macchine hanno avuto inizi a volte difficili, a volte sono state relegate negli sgabuzzini della storia o della casa. Interessante il confronto e la dissertazione su lavatrice (non sapevo che ad inventarla fosse stato ... un apprezzato teologo di Ratisbona!) il bidet e il confessionale (anche qui confesso la mia ignoranza: vivo vicino ad una sua dimora familiare del '600 e non sapevo che Carlo Borromeo ha prodotto anche questo oggetto cardine della controriforma).
Infine si entra nel terreno preferito dall'autore: la scuola. Per chiarire che ormai i ragazzi e anche i bambini sono altrove, stanno tranquillamente usando ed esplorando, con le modalità che preferiscono, che possono, che si scambiano e che spesso ci preoccupano (possono dare fastidio, spesso le tacciamo di superficialità e inconcludenza...). Su alcuni aspetti un po' sbrigativi ci sarebbe da approfondire. Facile ribadire che gli studenti non sopportano più metodi e approcci dirigisti e unidirezionali, il tema è ricorrente. Anche la terapia, quella cioé di invitare ad una maggior collaborazione, retificazione e scambio in orizzontale.
Quello che mi sembra mancare è la fase di "avvio", una sorta di addestramento e di volano intellettuale. Noi (inteso come persone che hanno radici culturali pre-internet) sicuramente riusciamo ad usare questo nuovo contesto informativo perché proveniamo da una conoscenza e metodica diversa, in un certo senso siamo più ricchi ed "enciclopedici", conosciamo paradigmi differenti. I ragazzi di oggi non hanno questa possibilità di confronto e non sono ancora in grado di cogliere tutte le potenzialità. Ci vuole ancora qualcuno che possa replicare e mostrare questi processi evolutivi in modo da poterli comprendere.
Anche a questo serve la scuola. E non è poco...


domenica 16 marzo 2014

Per risistemare la soffitta

Ho ricopiato i post che avevo inserito nella versione in WordPress a cominciare dal 2011, come tante altre pagine iniziate... lasciate poi a riposare con molta calma. Non volendo perderle del tutto e con la semplice presunzione che, anche se non sono particolarmente significative sono pur sempre inchiostro della mia tastiera, sono adesso qui radunate; si tratta di pochi interventi, che vanno dal 2011 al marzo del 2013. una buona occasione per togliere un po' di polvere.

Dopo un anno di click, sfioramenti, tap…

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A giudicare dalla quantità di interventi di queste pagine, è palpabile che la fretta non è tra le prinicipali muse ispiratrici del sito :-)
Più di un anno fa ho iniziato a sperimentare direttamente e con una certa costanza (la costanza dei distratti e degli incostanti, of course) l’uso del kindle per la lettura di testi; volevo che il tempo colmasse le pause e gli impulsi della fretta e della quasi-moda nel leggere su un supporto apparentemente nuovo. A ben pensarci, avendo iniziato a leggere su uno schermo oltre… 25 anni fa, non è che fosse una cosa poi tanto nuova, ma le migrazioni non solo richiedono tempo, anche lo spazio fisico e la calma per lasciarle sedimentare.

e-leggimi! Impressioni d’uso

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schermata del Kindle
ricordo la prima volta che ho provato a leggere un intero libro su schermo. Tempi non sospetti, mica roba d’oggi, all’inseguimento degli e-book. Niente di questo. Erano i tempi in cui la rete era di là da venire, lo spazio del web era tenuto caldo dai bbs e un pc portatile da urlo  pesava 5 kg. Fine anni ’80, bazzicavo un posto molto intrigante e per tanti versi all’avanguardia su tutto ciò che aveva a che fare con l’informatica, l’ITD di Genova. Bene, dovendo racimolare testi interessanti da fornire a docenti e scuole avevo recuperato un libro di Astrid Lindgren che mi era rimasto appiccicato alla memoria: Pippi Calzelunghe! Ed è stato il primo libro interamente letto su uno schermo a fosfori bianchi (mica quelle cose orripilanti alla Hulk, monitor verdastri con una persistenza di vari secondi anche a schermo spento!). Svariate ore, tra i ritagli dei ritagli, per giungere alla fine. Aggiungi anche un saggio riguardo per evitare affaticamenti per qualche problema di vista. Ma la vicenda della bambina capace di sollevare un cavallo con una mano sola è filata liscia. Poi la carta, ovviamente, prende il sopravvento…
Ok, tanto il futuro non sarà nella carta e già da tempo si legge più su schermo che su cellulosa. Anzi, da un mesetto ho provato a dedicare costantemente del tempo alla sola lettura digitale. Per farlo ho utilizzato uno strumento che oltre alla lettura non può fare granché d’altro, il Kindle. Un prezzo ragionevole (anche se negli US costa discretamente meno dei 99€), batteria risparmiosa e (per adesso) soddisfacente, buona funzionalità nel suo insieme e soprattutto spazi e ingombri ridotti. In giro per la metropolitana, in treno, in aereo, veramente comodo.
Tanto per raccogliere qualche sfida, chi legge in digitale sta surclassando gli amanti del cartaceo, 24 a 15 (libri letti in un anno) secondo questi dati.

Tanto di cappello all’autore

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Bisogna ammetterlo: quando in scuderia hai un purosangue, ti guardano tutti con maggior rispetto. Il nome conta. Certi nomi contano.
Viene da chiedersi quale percentuale sulle vendite del libro abbiano riservato a questo autori i manager di Amazon…
riporto dal market di Amazon

La Sacra Bibbia (Versione della CEI) | e-libro Bibbia [Formato Kindle]

Dio (Autore)
Probabilmente qualche buon teorico potrà utilizzare questo rimando, disponibile ormai in rete, come prova palpabile dell’esistenza di Dio. Qualche curioso cercherà anche l’eventuale link per inviare mail …

Pensandopensando: al domani che sta già spuntando, persino dai ritagli di ieri…

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Le cose succedono quando sei impegnato a fare altro. Idem per quei cambiamenti che poi lasciano il segno. Pensavo a questo pasticciando con quel giocattolino culturale che diventerà il Kindle, leggero, maneggevole e probabilmente dilagante nei prossimi mesi. Un oggetto che potrebbe staccare molti dalla carta e catapultarli direttamente in quello che già concretamente stiamo vivendo: un mondo sempre più digitale e “vicino”. Non sempre comodo o praticissimo, ma sempre più invadente e alla portata di molti. Come tutti i nuovi gadget vivrà una prevedibile ascesa, una fase di mantenimento e poi chissà, lascerà al posto al successore. Che sarà certamente in buona compagnia, visto i costi calanti. E’ vero, la crisi si fa sentire, ma misurando le proprie esigenze e non lasciandosi trascinare solo dai desideri, le prospettive sono certamente migliori di anni fa. Giusto per controllare la crescita tecnologica, stavo paragonando un cell. acquistato proprio 2 anni fa: veniva sui 200 € ed era uno degli smartphone più ragionevole. Oggi, per avere uno strumento con le medesime caratteristiche, anzi, qualcosa in più, la cifra è quasi dimezzata. Certo, se si insegue invece l’ultimo grido o le ultimi possibilità, le cose cambiano. Di molto.

le metafore insegnano, le metafore cambiano: e le cose?


la tecnologia traina il mondo, lo plasma, gli fornisce un nuovo vocabolario. Gli fornisce parole e contenuti; spesso ne cambia i significati. Un tempo la ruota era quella dei conventi, dove si potevano abbandonare i bambini nati fuori dal matrimonio… oggi deve per forza muoversi e richiamare un motore…
Il linguaggio della fede prende dal quotidiano: ma chissà quante parole hanno subito processi e metamorfosi che ormai ci sfuggono. Così ne cogliamo il senso, o almeno una parte, staccondolo dal contesto in cui è creato. E cosa succede quando nuovi usi delle parole ne cambiano il significato?
Il linguaggio informatico è zeppo di questi termini e di questi processi che possono cambiare almeno i modi di dire:
conversione: conversione di un file, di un formato…
salvare: un documento, un’immagine, fare un backup
cancellare: un file, una cartella
recuperare: un documento…
cercaretrovare…:
vederevisualizzaremostrare

Si cresce, si evolve, soprattutto si cambia

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Difficile stabilire in quali stagioni o periodi la rete, cioé le persone che vi si muovono dentro (tra poco ci saremo quasi tutti) vive momenti di maggior fervore. Il bello della tecnologia che si autoalimenta e si innesta giorno dopo giorno sulle strutture che altri hanno provveduto a creare, è proprio questa incessante crescita.
Un’immagine che spesso mi si presenta alla mente è quella della povera formica intrappolata in un palloncino gonfiabile. Quando è ancora floscio e vuoto ci vuole poco ad esplorare tutta la sua superficie, interna o esterna che sia: man mano che però lo si gonfia, che aumenta la pressione e diventa sempre più grande, la povera formica non riesce più a tenere il passo e a conoscere la superficie che le si dilata sotto le zampine. E ad ogni nuovo spazio da esplorare corrispondono territori sempre più vasti di novità, inediti e possibili scoperte. Così è la rete.
Pochi giorni fa è stato testato il protocollo IPV6, che dovrebbe dotare la rete futura di un numero sufficientemente “infinito” di indirizzi, per consentire a qualunque oggetto, processo, idea… di avere un indirizzo in rete, in pratica di essere reperibile. Insomma, di esserci. O di essere, tout court.
E in questo processo di ampliamento si assiste anche ad una costante dematerializzazione delle cose e delle realtà. Tutto viene digitalizzato e riassunto in formato numerico. Riassunto, praticamente “narrato”: la rete come narrazione dell’esistente, o luogo privilegiato di questa narrazione.
Ci sono sicuramente ampi spazi per stupirsi e per aspettarci novità significative. :-)

Eclissi del sacro o aurora del cyberfeticcio?

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Forse è tempo di intingere nuovamente la penna nell’inchiostro, o almeno la tastiera nel quotidiano…
Le scorribande quotidiane alla ricerca di news fanno parte di quelle abitudini che le persone un po’ allergiche alla tv e ai tg coltivano grazie alla rete. Così capita di imbattersi in cascate di idiozie e notizie perfettamente inutili. Mai più senza. Ma sono parole e spesso la curiosità si autoalimenta. Così oggi ho intravisto il video del campione di moto spagnolo che, quasi in versione flash-mob, ha creato un piccolio evento, alle 9.35, davanti alla splendida Sagrada Familia.
Niente di particolare: riprese accorte, ritmo calcolato, scorci della immaginifica costruzione di Gaudi.
Ma sembra quasi un cameo costruito con la perizia dell’artista: e a far da cornice rimane lei, la chiesa, le guglie e le statue che fanno da parterre, anzi, forse da parcielo. Come se un’icona così forte del sacro servisse ad avvalorare ancor di più l’effimero della tecnologia. Come se il sacro dovesse accontentarsi di questo ruolo da cornice.
O come se le persone e il pubblico, equipaggiato di fotocamere come un tempo di corone del rosario, debba limitarsi semplicemente a considerare queste realtà delle “cornici”…

santasorella

santasorella…

se non è tutto oro quello che luccica, questo cosa potrebbe essere?
Dopo aver visto l’immagine e averla scambiata (in disordine:)
  • per il gestaccio dell’ombrello in salsa conventuale
  • per una parodia delle sindacaliste liguri
  • per uno sbaglio di cappello da parte del disegnatore
uno si dedica almeno per una manciata di secondi alla descrizione dell’immagine e al progetto legato a questa promozione. Stimolare le persone al ricordo e alla valorizzazione di una persona sicuramente speciale…. Speriamo che non faccia breccia solo l’idea originale e che l’attenzione si sposti dal mezzo al bersaglio.

dopo anni di collaborazione con Jesus...

Jesus – Una lunga collaborazione

Da gennaio 2011 non collaboro più costantemente con la rivista Jesus. Dopo oltre 10 anni di pubblicazioni mi sembra anche ragionevole staccare un po’. Anche perché quella manciata di caratteri, rigorosamente sotto i 3000, che il buon capo-redattore Ferrò cercava sempre di strizzare e restringere, costavano un bel po’ di fatica. Proprio vero quello che diceva un famoso scrittore francese: “Ho scritto questo pezzoz così lungo perché non avevo abbastanza tempo per farlo più corto!”. Ci vuole proprio tempo. E non amando le cose raffazzonate o i contenuti rabberciati, spesso dovevo il mio intervento “costava”, in termini di tempo, molti sforzi.
A ben vedere può essere interessante sistemare, con un pizzico di calma, tutto il lavoro svolto in questi anni, fosse anche solo per sistemazione del materiale.

Trasformare le novità in trampolini di lancio

Da un po’ di mesi ho smesso la collaborazione con Jesus, sulla quale ho tenuto la rubrica dedicata a Internet e il mondo della fede per … 14 anni, dal 1997. Epoche gelogiche, viste con l’ottica della rete. Mi sembrava anche saggio ‘staccare’. So che adesso la rubrica è stata affidata al gesuita Antonio Spadaro, che ha sicuramente le competenze adatte.
Così, proprio mentre in Vaticano si sta preparando il meeting dei bloggers cattolici, riprendo con meno vincoli di tempo e di destinazione, a fissare sui bit le idee e le notizie che mi interessano di più.

lunedì 24 febbraio 2014

chiamiamolo facebook

Anni fa aveva fatto notizia lo strillo di agenzia che una famiglia, nella sfortunata Romania di Ceausesco, dopo anni di attese per collegarsi finalmente alla rete telefonica, quando la agognata linea ha raggiunto la casa e la cornetta è stata intronizzata nel salotto, poiché era da poco nato l'erede di famiglia, avevano deciso di chiamarlo "Telefono". Semplicemente. Senza pensare a tutte le possibili riflessioni sul caso (dalla ridicola "Ciao, c'è Telefono al telefono", alla metafisica "cosa avrà mai voluto dire Telefono al telefono..."). Sulla scia della notizia si veniva poi a scoprire che sempre in Romania non era raro incontrare nomi suggestivi, come Rambo II, Superman, altri titoli di film occidentali... insomma una sfrenata fantasia onomastica, complice anche un regime particolarmente stretto e oppressivo.
Adesso è arrivata una notizia simile: in Messico una coppia ha deciso di chiamare il figlio con il nome di Facebook; ma gli uffici dell'anagrafe devono aver storto un po' il naso.
Sono le punte di qualche iceberg, segnali un po' variegati di come certi strumenti segnino un'epoca, di come le attese dei padri debbano spesso ricadere sui figli.
Chissà perché non nascono più cognomi, invece :-)
ma immaginiamoci il destino di questa persona quando, presumibilmente, la bolla di Facebook sarà meno vistosa, o quando altre metafore comunicative avranno la meglio. E' solo questione di tempo, sicuramente ci troveremo di fronte a nuovi strumenti e modelli, nuove strategie e nuove mode. Sarebbe intelligente non considerare le persone alla stregua di etichette, temporali o geografiche, ma di protagonisti e attori di questi nostri giorni così rapidamente incerti.
Sapendo per esperienza quanto i nomi costruiscono della nostra identità, ci può consolare il fatto che nella vita quotidiana c'è poi ampio spazio per i nickname, gli pseudonimi, gli adattamenti letterali.
E siccome è aperta anche la caccia alla protezione dei nomi mediante brevetti e copyright, speriamo almeno che il giorno del compleanno non tocchi, al povero Facebook, pagar dazio, o qualche royalties...

domenica 19 gennaio 2014

il canto del Gallo...

sto leggendo il libro "Vivo e vegeto", che riporta gli interventi di numerose persone come estremo saluto a don Gallo, recentemente scomparso.
Ricordo lo scorso anno, ero sceso col treno a Genova Principe e volevo andare a visitare la chiesetta del Gallo, poco lontana dalla stazione. Avevo persino cercato le indicazioni su Google e mi ero divertito un po' a guardare su Street view il percorso... quella chiesetta mezza nascosta, a ridosso di un parco che d'estate ospita un cine all'aperto, quasi all'inizio della zona storica  e vecchia di Genova, chissà quante volte, nei lunghi anni del mio soggiorno genovese, era capitata nei miei percorsi.
Ma non avevo calcolato bene gli orari e per la messa ormai era tardi. Vabbè, sarà per un'altra volta.
Questa altra volta c'è stata solo sulla carta, sulle parole dei libri di don Gallo, nei desideri.
Profonde e toccanti le pagine di alcuni amici del Gallo: mi sono fermato soprattutto sull'intervento di Moni Ovadia (il "padre spirituale" del don, niente male, un ateo convinto ma di ceppo ebraico doc, una garanzia: Moni pur dichiarando la sua "non fede" non riesce a scrivere 2 righe senza citare almeno un passo della bibbia... averne, di questi "atei" rigorosi) e poi l'intervento di don Ciotti. Mi sembrava di sentirlo parlare dal vivo, con lo stesso entusiasmo per le cose vere che la vita ci offre ogni tanto, ogni spesso...
Mi piace allora riportare alcuni passi dell'esperienza di Moni Ovadia, si scopre sempre qualcosa di nuovo quando si cerca di capire ciò che la vita ci offre:
Ho incontrato il Gallo centinaia di volte. Ho diviso con lui pranzi, cene, chiacchiere, discorsi, militanza, palcoscenici... Con tutta l'enfasi di cui sono capace voglio testimoniare questo: non c”è stata una sola volta che non gli abbia sentito dire «la mia chiesa».
Nessuno pensi, e lo affermo sulla mia parola di ebreo agnostico, di scotomizzare dal Gallo e dalla sua memoria la verità del suo essere radicalmente un prete cattolico. Lo era autenticamente, e lo era nel senso più puro. Per questo poteva criticare la Chiesa, poteva vibrare di indignazione per le derive di certi suoi uomini, ma mai, mai, sarebbe uscito da quella che sentiva - con passione e dolore, ma anche con grande senso di appartenenza e identità - come la sua Chiesa.
lo lo rispettavo per questo, e l”unica volta che ho pregato in una chiesa è stato con lui. Sì, io, ebreo agnostico, ho pregato col Gallo. Una domenica dovevo andare a pranzo da lui, come facevo spesso. Andrea stava terminando di celebrare la messa, entrai in chiesa restandomene in fondo, ma lui mi vide con la coda dell'occhio e mi chiamò: «Stiamo per dire il Padre nostro». Lui e tutti i suoi parrocchiani si tenevano per mano stando in cerchio, e allora m'invitò: «Vieni qua, che tanto questa preghiera ha radici ebraiche e va bene anche per te››.
Andai serenamente a pregare. Perché? Vorrei spiegarlo entrando in profondità verso la radice del senso. Il Genesi, primo libro della Bibbia, comincia con la lettera B (beth), nella parola Bereshit: cioè in principio. E la B (beth) è il numero due. Quindi, in principio c”era il due: l”io e il tu.
Perché il principio è il numero due? Perché non esiste possibilità di esistenza senza l'altro.